Sai veramente cosa vendi e quanto valgono i tuoi prodotti? Perchè la miglior strategia di markeging possibile è conoscere se stessi per soddisfare gli altri…
Il marketing lo si sa è argomento complesso anche se poi, alla fine della fiera, è riconducibile ad una serie di azioni finalizzate sempre e comunque ad un atto conclusivo, ad un epilogo che, nella sua forma perfetta si conclude con successo annunciato. No, non stiamo parlando di un amplesso, ma della vendita che forse per qualcuno è qualche cosa di molto simile…
Tornando seri, va da sé che di definizioni di marketing ne è pieno il mondo e per raccontare e decifrare questa disciplina si sono sprecati fiumi di inchiostro. Devo ammettere che una delle definizioni che mi piace di più, in assoluto, è quella data dal buon Seth Godin che recita più o meno cosi’: “Il Marketing è l’atto generoso di aiutare le persone a risolvere un problema. Il loro problema”.
Perché mi piace? Perché identifica ed introduce immediatamente una delle fondamenta dell’arte di vendere, ossia quella di risolvere un problema che, alleggerendo un pochino il concetto, significa poi intercettare una esigenza e soddisfarla.
Marketing is the generous act of helping someone solve a problem. Their problem.
Seth Godin
Detta così sembrerebbe decisamente semplice e, lo ripeto, in parte lo è. Anche se a ben vedere, molti dei concetti basilari dell’arte del “fare mercato” sembrano essere tenuti in scarsa considerazione anche da aziende e strutture sulla piazza da anni…
Tralasciamo però tutti i concetti accademici legati al marketing ed affini – che lasciamoli volentieri a chi ha tempo, e voglia di scrivere libri con loro grande merito – e concentriamoci invece sul termine “intercettare” che, in una catena virtuale di eventi interconnessi tra di loro, introduce un altro concetto essenziale che è quello che interessa a noi e che è fortemente collegato con il fare comunicazione.
Sto parlando della targetizzazione, il targeting, che è simile alla segmentazione ma è un concetto più legato al prodotto che non alla classificazione del consumatore in base a dati demoscopici come fasce di età, fasce geografiche, reddito etc…
E’ fondamentale per ogni azienda capire con precisione a chi possono essere utili (fate ancora una volta bene attenzione alla parola utile) i loro prodotti e per fare questo bisogna necessariamente conoscere molto bene le potenzialità dei prodotti stessi, compresi i punti di forza, ma soprattutto conoscendo bene i limiti intrinsechi o imposti. Limiti non sempre dettati dalla scarsa conoscenza o capacità, ma non di rado vincolati per esempio da precise scelte di budget.
Ad ogni modo, nella mia lunga esperienza di editore per diverse riviste tecniche, mi sono reso perfettamente conto di quanto sia difficile, per un imprenditore e per una azienda in genere, riuscire a guardare con sufficiente spirito critico e con una giusta dose di distaccato realismo, il reale valore del proprio operato, della validità dei prodotti in relazioni ai competitors, ma soprattuto dell’efficacia del prodotto in relazione al pubblico di potenziali consumatori.
E’ chiaro che chiunque proponga una soluzione – soprattutto se in ambito tecnologico – debba essere convinto della bontà del proprio lavoro, ma non per questo significa per forza che il nostro prodotto è “il migliore” in senso assoluto, dato che poi, in ultima analisi, un prodotto realmente “migliore” di tutti gli altri non esiste. Esisterà invece la scelta giusta in relazione ad un certo target di riferimento.
Se credete che non sia così, fareste bene a fidarvi. Esempi illustri si sprecano, basti citare il caso della Apple. L’iPhone non è di certo il miglior cellulare in commercio, è certamente uno dei migliori, ma probabilmente non il migliore. Un utilizzatore Android per esempio vi potrà rimarcare con assoluta fermezza quanto sia “limitato” il sistema operativo iOS rispetto ad Android, ma provate a dire a un cliente Apple che ha comprato il primo iPhone nel 2007 di passare ad un Samsung o Huawei…
Quindi, una volta che conoscete con precisione il vostro prodotto potrete con più facilità studiare e comprendere il vostro target di riferimento e pensare a strategie ed azioni in grado di concentrare la maggior parte degli sforzi nella giusta direzione, soddisfando così le persone.
A questo punto entra in gioco il “comunicatore”, la persona o il team di persone che deve, grazie alle vostre indicazioni, individuare il tono giusto e gli strumenti giusti per fare arrivare un dato messaggio al target di riferimento.
Ancora una volta nulla sembra così difficile ed invece gli orrori di comunicazione che continuo a vedere ogni giorno online ed offline mi danno la consapevolezza che c’è ancora tanto da fare e da imparare…
Esempio pratico e recente: perchè dovrei far una campagna visual con stories accattivanti su Instagram se ciò che sto vendendo sono apparecchi acustici per persone con problemi di udito?! E vi giuro che mi sono arrivati feed pubblicitari di questi prodotti e no, non ho mai fatto ricerche online su questo genere di prodotti! Insomma, voglio immaginare che il segmento di mercato più “ricettivo” (beh, parlando di problemi di udito forse avrei potuto trovare un sinonimo…) per questo genere di protesi non sia quello dai 15 ai 45 anno (fascia di età più attiva sul social inventato da Mike Krieger) ma piuttosto dagli over 65 anni in su, che nei dati di fine 2019 rappresentavano appena 1% del totale…
L’esempio è quasi grottesco, ma propedeutico per riflessioni future!
Insomma, come al solito, non si fanno le cose perchè “tutti le fanno”, o perchè “quel guru o quel libro dicono che così bisogna fare”, perchè se questo è un concetto tendenzialmente sbagliato all’origine, nel marketing e nella comunicazione lo è ancora di più.
Bisogna studiare e sperimentare e, con una buona dose di autocritica, fare una attenta analisi di se stessi e della propria attività così da comprendere meglio cosa possiamo offrire al nostro pubblico, ai nostri clienti.
Poi i giochi sono aperti e chi è bravo, come sempre, finalizza!